L’ansia
pervade le emozioni
e le conquista,
ho il timore addosso
ad ogni passo,
il tremore e un ribollio
dentro le viscere.
Un terremoto sotterraneo,
silenzioso come
un orologio a pendolo.
L’ansia
pervade le emozioni
e le conquista,
ho il timore addosso
ad ogni passo,
il tremore e un ribollio
dentro le viscere.
Un terremoto sotterraneo,
silenzioso come
un orologio a pendolo.
La prima vittima
del mio crimine
sono me stesso
uccido
ogni parola che mi è detta
traviso
ogni senso ed ogni significato.
Tra le mie sinapsi
la confusione regna sovrana
il caos s’insinua tra le parole
sensate violentate ed abusate.
Sono l’aguzzino
la vittima ed il carnefice.
Non sono abbastanza furioso.
E poiché né bile né fiele trapelerebbero
dalle mie non prosaiche parole
neppure qualche spigolo acuminato d’anima
l’assenza d’una qualche parolaccia
confezionata come apostrofo violaceo,
né sospetto circo multi mediatico e ipercolorito
non abbastanza trash, né underground
che la poesia oggi deve far male
ferire, graffiare, infierire
con qualche eccesso per sembrare vera
che non c’è abbastanza violenza lì fuori:
oltre la porta, oltre schermi della tv
oltre la rete così implicitamente virtuale
oltre le stupore del vicino di casa
che si fotte un quadro di legno
un quadro da quattro soldi
e lei.
Lei che si rifà viva
dopo 365 secoli di silenzio
dopo 31536000 secondi
secondi a nessuno
neppure al vuoto siderale
che forse è questa poesia
l’accavallarsi di voci sulle canzoni
e delle canzoni sui baci
baci abbarbicati ad un albero di plastica.