Faccio gesti a ripetere, come se
non sapessi farne altri, stessi passi
stesse strade, stesse persone e le
stesse parole ormai vuote,
senza significato tutto ormai perduto,
tra le sinapsi allagate e confuse,
nei giorni quotidiani tutti uguali a se stessi,
un orologio ormai fermatosi sulla stessa ora,
lo stesso giorno, lo stesso anno maledetto,
quell’istante in cui s’è sospeso il mondo
ed in quel tragico momento di stravolgimento.
Ho perduto il filo rosso della mia esistenza,
ricucita con il filo d’altri ricordi, di coloro
che mi sono stati vicini o con cui
ho condiviso la di vita,
filo ricomposto con la memoria e le parole
di chi mi ha amato d’amore, o d’amicizia,
comete a portare i miei ricordi sommersi,
le mie pedine impazzite
d’un mosaico antico, e straniero.
Della terra d’Africa rimangono folate di sabbia,
sabbia negli occhi e nei ricordi sbiaditi o nei
sapori raffinati e squisiti, che mia madre
mi donava, con tutto il suo amore mi dona ancora,
a trasportarmi lontano nel tempo.
Trascinarmi ai miei giorni beati
di bambino, ignaro delle angosce
a venire, scritte da crudeli Parche
dipingenti labirinti sulla mia strada.