Gesti a ripetere e labirinti sulla mia strada

Faccio gesti a ripetere, come se
non sapessi farne altri, stessi passi
stesse strade, stesse persone e le
stesse parole ormai vuote,
senza significato tutto ormai perduto,
tra le sinapsi allagate e confuse,
nei giorni quotidiani tutti uguali a se stessi,
un orologio ormai fermatosi sulla stessa ora,
lo stesso giorno, lo stesso anno maledetto,
quell’istante in cui s’è sospeso il mondo
ed in quel tragico momento di stravolgimento.

Ho perduto il filo rosso della mia esistenza,
ricucita con il filo d’altri ricordi, di coloro
che mi sono stati vicini o con cui
ho condiviso la di vita,
filo ricomposto con la memoria e le parole
di chi mi ha amato d’amore, o d’amicizia,
comete a portare i miei ricordi sommersi,
le mie pedine impazzite
d’un mosaico antico, e straniero.

Della terra d’Africa rimangono folate di sabbia,
sabbia negli occhi e nei ricordi sbiaditi o nei
sapori raffinati e squisiti, che mia  madre
mi donava, con tutto il suo amore mi dona ancora,
a trasportarmi lontano nel tempo.
Trascinarmi ai miei giorni beati
di bambino, ignaro delle angosce
a venire, scritte da crudeli Parche
dipingenti labirinti sulla mia strada.

Labirinto

La corsa del tempo

Sarà perché come noi tutti invecchio,
o perché rimane sempre meno tempo,
ma bastan due gesti ripetuti giornalmente,
senza pensarci troppo, senza ragionare,
stanchi gesti meccanicamente nati
per veder svanire un’ora evanescente,
come sabbia finissima in una clessidra.

Sarà perché a volte è poca la fantasia rimasta,
e troppe son le cose intorno senza importanza
che ti tolgono ossigeno, ed il metronomo
del frigo canta la stessa monotona canzone,
è un freddo militare, che bada solo al rancio,
troppe cose uguali ad un ripetitivo nulla,
utopia di una vita che pare fasulla.

La tosse dell’umanità severa e triste
che mozza teste e braccia, mostrando
la sua oscura faccia, in nome di un Dio sordo,
muto e cieco, e i santi intanto sono esposti
alla televisione ed i miracoli sono solo talk show
fanno ascolto in prima serata, ma basta un battito
di ciglia, e la fede già svanita vacilla.

Facciamo tutti parte della cosiddetta terza età,
ché la prima e la seconda erano mera vanità,
nell’illusione dell’esser eterni, barando giocavamo
nascondendo le carte nel mesto faldone,
che solo noi conoscevamo, solo noi aprivamo
i giorni amari, coprendo di sale e zucchero ferite.
i gatti giocano, intanto, col nostro amareggiato sorriso.